La psicologia ambientale è una branca della psicologia applicata che studia la relazione e le interazioni tra individuo e ambiente naturale e/o urbano. Infatti, l’essere umano influenza l’ambiente tramite i suoi comportamenti e, a sua volta, l’ambiente influenza l’essere umano, generando emozioni, percezioni, comportamenti e vissuti.
Il nostro modo di essere dipende strettamente da dove siamo oltre che da chi siamo. Infatti, ci comportiamo in modo diverso in ambienti e contesti diversi (es. quando siamo in un ambiente rumoroso vs un ambiente silenzioso).
Durante la Seconda Guerra Mondiale, nel corso di un suo discorso, Winston Churchill affermò: “Noi diamo forma ai nostri edifici, che a loro volta ci formano”. Queste parole dimostrano come già in quegli anni fosse presente una particolare attenzione agli edifici e a come questi influenzino la nostra vita.
La psicologia ambientale, come la intendiamo oggi, è nata tra la fine degli anni ’50 e l'inizio degli anni ’60 del ’900 negli Stati Uniti, per poi arrivare agli inizi degli anni ’70 in Europa. Essa è stata influenzata da molteplici discipline, tra cui: architettura, ingegneria, urbanistica e design ambientale.
L’interesse rispetto alla relazione tra individuo e ambiente è iniziato nei primi anni ’50 del ’900, consolidandosi con le prime collaborazioni tra architetti e psicologi. Questo ha portato alla nascita della psicologia architettonica o architettonica.
Il bisogno alla base di questa collaborazione proveniva dall’architettura, che cercava di collegare problematiche concrete con soluzioni non solo esteticamente valide, ma anche basate sulle esigenze degli utenti degli spazi. Uno dei motivi principali della nascita della psicologia ambientale è stato infatti l’insoddisfazione verso una progettazione che privilegiava l’estetica e l’autoaffermazione dell’architetto, anziché rispondere ai bisogni delle persone.
A partire dagli anni ’80, la sinergia tra psicologia e architettura è diminuita, portando a una riduzione di questo campo di studi. Tuttavia, attualmente, si sta tornando a dare importanza alle caratteristiche che l’ambiente ha sull’individuo.
Il dialogo tra architetti e psicologi si sta riproponendo, attraverso collaborazioni sempre più strette per progettare spazi human-centred, in grado di rispondere non solo ai bisogni pratici ma anche alle esigenze psicologiche e sociali.
Promuovere la collaborazione tra psicologi e architetti non è solo un vantaggio per gli utenti finali degli spazi, ma rappresenta anche un'opportunità per:
Migliorare l'efficienza delle progettazioni: considerare le esigenze umane aiuta a creare spazi più funzionali e accoglienti.
Ridurre i costi a lungo termine: gli ambienti ben progettati richiedono meno modifiche nel tempo.
Incremento del benessere: spazi progettati in modo consapevole possono migliorare il benessere.
Bisognerebbe valorizzare e facilitare maggiormente il dialogo tra psicologi e architetti. Infatti, le progettazioni odierne puntano sempre di più verso prodotti human-centred, considerando l’individualità, la soggettività e le caratteristiche psicologiche delle persone.
La psicologia ambientale si pone come punto di incontro tra queste due discipline, portando le conoscenze e le teorie della psicologia nel mondo dell’architettura.
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Bonaiuto M., Bilotta E., Fornara F. (2004). Che cos’è la psicologia architettonica. Roma: Carocci.
Baroni, M. R. (2008). Psicologia ambientale. Società editrice il Mulino.
Costa M. (2013). Psicologia ambientale e architettonica. Come l’ambiente e l’architettura influenzano la mente e il comportamento. Milano: Franco Angeli.